*Questa pagina di diario è stata scritta qualche settimana fa a bordo di un treno che mi portava a Bari. L’ha scritta di getto, mentre sedevo al lato finestrino e guardavo i palazzi scorrere veloci accanto a me. Ho deciso di lasciarla esattamente così, senza modifiche. Buona lettura (e se avete consigli sul nuovo libro, vi aspetto nei commenti).*
Oggi prendo il treno e vado a Bari. Devo incontrare la mia ex prof.ssa dell’Università, la prof.ssa Porcelli, per chiederle qualche consiglio sul nuovo libro che sto scrivendo. Cioè, in realtà non l’ho ancora iniziato – ho solo buttato giù solo la scaletta principale – e proprio per questo motivo voglio parlarle quanto prima. Spero di non fare qualche brutta figura come al solito – sbagliare la coniugazione dei verbi e cose così – ma soprattutto mi auguro di non rubarle troppo tempo prezioso. Si sa, i professori Universitari sono sempre molto impegnati.
Vanno sempre di fretta. Quando li fermi nei corridoi per chiedergli qualcosa, hanno sempre qualche faccenda urgente da sbrigare. Ti dicono “passami a trovare nel mio ufficio quel giorno a quell’ora, ora non posso, mi spiace”. Che vita impegnata che hanno, i professori Universitari. Ecco perchè noi studenti – o ex studenti, come nel mio caso – cerchiamo sempre di essere discreti. Anche perchè se non sei discreto ti prendono sulle palle e magari ti bocciano all’esame. Meglio non rischiare.
Nel mio caso comunque è stata la prof.ssa Porcelli a propormelo, di passare a trovarla nel suo ufficio per chiacchierare un po’. Sembrava veramente interessata al mio accidenti di libro che devo ancora scrivere. Me lo ha proposto poco meno di un mese fa, dopo l’evento di presentazione del mio primo libro, Casa è ovunque siamo insieme – Vanlife istruzioni per l’uso, alla Feltrinelli di Bari, perchè a farmi da relatrice era stata lei. Se ci siete stati, alla Feltrinelli di Bari, di sicuro ve la ricorderete. È stata una presentazione meravigliosa. Ora, non so se lo sapete, ma chi presenta questo tipo di evento è chiamato a leggerlo davvero, il libro che intende presentare, altrimenti la sua presenza stessa non avrebbe senso, e fin qui siamo tutti d’accordo. Peccato, però, che le cose non vanno sempre così. Infatti, la maggior parte dei “relatori” non legge davvero il libro che poi va a presentare. Dico questo perchè la maggior parte delle persone che svolgono questo tipo di servizio, lo fanno gratuitamente, cioè non ricavano un euro, da questa cosa qui. E si sa, che quando uno fa una cosa gratis, la fa in fretta e male. La prof.ssa Porcelli no.
Lei il mio libro l’ha letto davvero. Anzi, il nostro libro, perchè non l’ho scritto proprio da sola, anche Michele ha fatto la sua parte. È sempre bene precisarlo. Comunque dicevo che la prof.ssa Porcelli ha davvero letto il nostro libro, fino all’ultima parola dell’ultimo capitolo. Lei sapeva esattamente di che cosa parlava, quel benedetto libro. E infatti quando è cominciato l’evento, ha tirato fuori dalla sua meravigliosa borsetta trasparente un taccuino pieno di appunti, e con il microfono in mano ha attaccato a parlare per dieci minuti buoni, e noi tutti incantati ad ascoltarla. Ragazzi, che ve lo dico a fare. Avrei voluto che non la smettesse mai. Nessuno mai avrebbe potuto parlare del nomadismo e della vita in camper come ha fatto lei, giuro su Dio. Con quella lucidità e grazia e ardore e sicurezza, e…Insomma, tutto. Nessuno l’avrebbe fatto come ha fatto lei. Cioè, si vedeva che lei, il libro, lo aveva letto sul serio, e si vedeva anche che le era piaciuto. Anche se qualche critica non è mancata. E meno male, direi.
Non sono mica una scrittrice, io, per carità! I consigli di una prof.ssa come lei sono sempre ben accetti, anzi, direi che sono fondamentali. Per esempio mi ha detto che mancava l’aspetto contemplativo. Sì, lo ha definito proprio così: aspetto contemplativo. Ovviamente non ho afferrato subito cosa volesse dire, così le ho chiesto di spiegarsi meglio. Manca la contemplazione dei luoghi, Rossella – mi ha detto – la descrizione dei posti che avete visto, e soprattutto le emozioni che vi hanno suscitato. Ci ho riflettuto e in effetti sono arrivata alla conclusione che la prof.ssa ha ragione. Come sempre. In questo primo libro non mi sono soffermata molto sui paesaggi. Il fatto è che si tratta pur sempre di un “manuale di istruzioni” – odio questa etichetta, ma tant’è – sulla vita in camper, e se è vero che ci sono dei chiari riferimenti all’esperienza mia e di Michele in questi due anni di viaggio, e quindi alla nostra storia, alle persone che abbiamo incontrato e ai luoghi che abbiamo visitato, è vero anche che in questo libro non c’era spazio a sufficienza per approfondire l’aspetto contemplativo.
Non so se mi sono spiegata. In ogni caso, nel nuovo libro ci sarà questo e altro, perchè il nuovo libro non sarà un manuale di istruzioni nè un saggio sul nomadismo, nè un’accozzaglia di roba poco chiara. No, il prossimo libro sarà un romanzo. Un romanzo vero che racconti la nostra storia. Tutta la nostra storia. Sono emozionata come una bambina ma anche terrorizzata. Come diavolo si scrive un romanzo? Ho passato l’ultimo mese ad arrovellarmi il cervello per capirci qualcosa. Perchè un conto è leggere un romanzo – e credetemi, in vita mia ne ho letti tanti – tutta un’altra storia è scriverli. Scrivere un romanzo è una bella gatta da pelare. Per questo mi trovo a bordo di un treno che mi sta portando a Bari. Andrò dalla prof.ssa Porcelli e la tempesterò di domande su come diavolo si scrive un romanzo. Cercherò però di rubarle poco tempo. Promesso.
Si sa, i professori universitari sono sempre molto impegnati.
Certo che lo devi scrivere il libro!! e si direi che la vostra storia romanzata potrebbe essere veramente molto interessante, siete fuori dagli schemi quindi non saresti mai banale, io di sicuro da buon lettore sarò qua ad aspettare di leggerlo.
Grazie Simone!!