Costruire un camper non è tutto rose e fiori

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Ciao,

Torno a scriver(ti)e dopo tanto tempo. Nelle ultime settimane mi sono a dir poco chiusa in me stessa, e se mi segui sui social lo avrai notato anche tu. È buffo: proprio ora che i lavori procedono giorno dopo giorno, e lentamente dovrei riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel, sto vivendo un periodo di totale buio. Sto lasciando a Michele le redini della situazione non solo per quanto riguarda i lavori di camper conversion, ma anche sotto il profilo di creazione dei contenuti. Infatti, sempre se ci segui sui social, avrai notato che è Michele a comparire, parlare, documentare. Io no. Io al massimo faccio ciao con la mano all’inizio del video e intervengo di tanto in tanto quando Michele mi rivolge una domanda. Ostento un sorriso che non sento mio e mi sforzo di apparire come sempre, mentre dentro di me una vocina urla “basta”!

Che cosa mi sta succedendo?

È stanchezza, mi ripeto, solo stanchezza. Dopo quasi un anno e mezzo è normale, no? La nostra vita è stata completamente stravolta e ci siamo dovuti adattare alle situazioni più disparate. Abbiamo vissuto in un capannone fatiscente, poi in una casa in montagna in Val di Susa, poi in un camper degli anni ’80 che ci è stato dato in prestito e adesso siamo tornati a Modugno, il paese in cui siamo nati e cresciuti. Il che per noi significa qualcosa come regredire al punto di partenza. E tutto questo per costruire questo benedetto camper 4×4.

Guardo Vangolden e mi chiedo “quando sarà pronto? quando potremo finalmente riprendere il nostro viaggio?”. Vorrei piangere, ma non ho più lacrime da versare. Le ho esaurite tutte all’inizio, quando ho realizzato che il progetto in cui ci eravamo imbarcati era molto più grande di noi. Le ho finite nel momento in cui ho capito che quello slancio vitale che stavo vivendo grazie al giro d’Italia si sarebbe inevitabilmente interrotto. E assieme a lui, anche la mia crescita interiore. Avrei dovuto rinunciare al volontariato, al Marocco – Paese in cui avevo già trovato un’associazione disposta a ospitarmi – a Capo Nord e a tutte le altre cose che avevamo programmato fino a data da destinarsi.

Mi sento un’ingrata e una stupida. Dovrei baciare i piedi di mio suocero per tutti gli sforzi che sta facendo per aiutarci Dovrei ringraziare i genitori di Michele per ospitarci in casa loro e prepararci tre pasti al giorno senza chiederci un centesimo. Ma soprattutto dovrei piantarla con le lamentele e rimboccarmi le maniche senza fare obiezioni. Cazzo. Ho 28 anni e dovrei aver capito come reagire alle sfide della vita. Invece non ci riesco. Mi rifugio nel mio piccolo mondo dominato dal nulla. Passo ore intere a guardare stupidi video su TikTok. Mi sforzo di leggere qualche pagina di un libro, ma mi annoio dopo pochi minuti. Evito di guardare i post di altri viaggiatori e se per sbaglio mi capita di beccarne uno mentre scorro sulla bacheca di IG, vengo assalita dall’angoscia e dall’ansia. L’idea di editare nuovi contenuti per Instagram mi mette la nausea.

Vivo in attesa della felicità.

La felicità è una chimera lontana di cui non ricordo il volto. Vivo ancora giornate buone, certo, in cui riesco a fare cose divertenti o che mi procurano un minimo di piacere. Ma sono giornate che non mi lasciano niente. Notti bianche senza stelle da ammirare.

Le persone attorno a me aumentano il mio senso di colpa. “Sapevi che andava così”, “hai voluto la bicicletta mo’ pedala”, “non hai di che lamentarti, hai persino qualcuno che ti sta costruendo il camper a gratis”…Sì, avete ragione! Io non so combattere.

IO NON SO COMBATTERE.

Nel mio ultimo post condiviso su Instagram ho raccontato il mio sogno ricorrente. Molti di voi hanno commentato dicendomi che è un sogno assolutamente normale e che ben spiega tutto ciò che sto vivendo. Vi volevo ringraziare. Mi avete fatto sentire accolta, compresa, soprattutto mi avete fatto sentire meno sola. Non so se pubblicherò mai questo articolo perchè è così deprimente leggerlo, e qui su Vangolden mi sono ripromessa di portare solo messaggi positivi. Ci scrivete sempre che siamo due esempi da seguire per la nostra positività, perchè nonostante i problemi non perdiamo mai il sorriso. Credetemi: vorrei tanto che sia davvero così!

Quello davvero positivo è Michele. È lui che non perde mai il sorriso. È lui che non si abbatte ma pensa sempre a nuove soluzioni per risolvere i problemi. Ho tanto da imparare da lui.

Grazie per aver letto queste parole di sfogo. Vi chiedo di essere gentili e di non scrivermi cattiverie nei commenti. Bastano quelle che leggo su TikTok 🤣 ma questo è il lato negativo di fare lo storyteller sui social e va bene così. In ogni caso non credo che serva dire altro: passerà. Un giorno il camper sarà pronto e coroneremo finalmente il nostro sogno. Quando ciò accadrà, mi guarderò indietro e penserò “cavolo Rossella, ce l’avete fatta”!

Devo imparare a prendermi cura di me, a curare la mia bambina interiore. Lo so. Parte tutto da questo.

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